Nutrigenomica sportiva

Introduzione

Il principale ruolo della dieta è quello di soddisfare le richieste nutrizionale dell’individuo per cercare di raggiungere livelli ottimali tali da permettere all’organismo di realizzare le reazioni metaboliche, oltre a dare al consumatore una sensazione generale di benessere ed appagante gratificazione generate al piacere di mangiare. La risposta di ogni individuo alla metabolizzazione del cibo è determinata anche da differenti e specifici profili genetici capaci di rendere ogni individuo unico; ancora, l’ambiente in cui si vive ed i differenti stili di vita influiscono al punto da creare una relazione incorciata tra genetica, alimentazione e fenotipizzazione individuale nota come epigenetica. Queste considerazioni sono la base che ha permesso lo sviluppo della nutrigenomica e della nutrizione personalizzata e, nello specifico della trattazione seguente, della nutrigenomica e nutrizione personalizzata applicate alle prestazioni sportive.

Nutrigenomica, nutrigenetica e nutrizione personalizzata: dal generale al particolare

La nutrigenetica e la nutrigenomica sono discipline che studiano le relazioni esistenti tra geni ed alimenti (1). L’attuale tecnologia, in sinergia con le conoscenze acquisite nelle discipline definite “-omiche” permette di raggiungere l’obiettivo di sviluppare opportune strategie nutrizionali personalizzate e strutturate anche sulla conoscenza del genoma. La variabilità del genoma (tra i gruppi etnici, oltre alla variabilità individuale del singolo soggetto) insieme alla differente disponibilità degli alimenti determinata da differenza culturali, economiche e geografiche sono fattori cruciali capaci di influenzare l’espressione genetica e la stabilità del genoma.
Bisogna tenere ben presente la differenza esistente tra nutrigenomica e nutrigenetica perché questi termini sono certamente correlati ma non sono intercambiabili: non sono sinonimi. Pertanto, la nutrigenomica è una scienza che utilizza strumenti di indagine molecolare per cercare e comprendere le diverse risposte ai nutrienti (2), per chiarire in che modo i componenti di una particolare dieta possono influire sull’espressione dei geni, mentre la nutrigenetica è la scienza che vuole identificare e caratterizzare le varianti genetiche associate a risposte differenziali ai nutrienti e di mettere in relazione questa variazione con gli stati patologici (3). Entrambe le discipline mirano a svelare le interazioni dieta-genoma; tuttavia, i loro approcci e obiettivi immediati sono distinti. La nutrigenomica svelerà la dieta ottimale all’interno di una serie di alternative nutrizionali, mentre la nutrigenetica fornirà informazioni di importanza cruciale che aiuteranno i medici ad identificare la dieta ottimale per un determinato individuo, cioè una nutrizione personalizzata (4). Nonostante gli obiettivi immediati differiscano, quelli a lungo termina coincidono con l’interesse di migliorare la salute e prevenire le malattie con l’alimentazione richiede la collaborazione di entrambe le discipline.
Lo sport e le prestazioni fisiche sono influenzate dall’alimentazione, ma gli individui rispondono in modo diverso agli stessi alimenti, nutrienti e integratori consumati. L’importanza di un piano personalizzato di nutrizione sportiva è stata evidenziata nella recente dichiarazione di posizione congiunta dell’American College of Sports Medicine e dell’Accademia di nutrizione e dietetica in cui si afferma che “i piani nutrizionali devono essere personalizzato per il singolo atleta e prendere in considerazione la specificità e l’unicità delle risposte alle varie strategie” (5).  Bisogna necessariamente passare da un approccio universale a quello personale e particolare direzionando la ricerca sulla nutrigenomica dalla scienza di base alla pratica clinica e sportiva: il crescente corpo di evidenze scientifiche che giustificano il binomio nutriente-gene fonda le basi per una più approfondita analisi dell’atleta, non limitandosi ai soli esami antroprometrici e bioumorali ma avvalendosi anche di idonei tesi genetici che indaghino il genoma dell’individuo.

Alcuni geni di interesse per la nutrigenomica sportiva

Una delle applicazioni più promettenti della nutrigenomica sportiva è finalizzata alla personalizzazione dell’intervento nutrizionale per massimizzare la prestazione di un atleta attraverso un regime nutrizionale calibrato sul genotipo e quindi sul fenotipo dato che il tipo di cibo ed i nutrienti assorbiti, insieme ai fattori ambientali e psicologici, influenzano il fenotipo e le prestazioni sportive.
Il lattato, prodotto dalla glicolisi anaerobica, viene trasportato attraverso la membrana plasmatica da trasportatori specifici, detti trasportatori monocarbossilati protonici, codificati dai geni MTC1 ed MTC2, contribuendo all’omeostasi protonica della cellula. Infatti un difetto dei trasportatori può comportare un eccessivo accumulo di lattato intracellulare con conseguente affaticamento e crampi muscolari (6). Il gene mTOR codifica per due sottoclassi di chinasi fosfatdilinositolo dipendenti, enzimi mediatori nelle reazioni che causano danno al DNA e nelle situazioni di deficit nutrizionale di micro e macro nutrienti ovvero in risposta ad eventi di stress fisiologico. Le sottoclassi riconosciute sono le mTORC1, coinvolte nei processi di sintesi proteica, crescita e proliferazione cellulare, e le mTORC2 che regolano, tra l’altro, la quantità di actina ed il ciclo cellulare (7).
FTO, acronimo di Fat Mass And Obesity Associated, è un gene coinvolto nella regolazione dell’accumulo della massa grassa, codificante la proteina nucleare AlkB. Di questa proteina non è ancora chiaro il meccanismo di funzionamento ma una ipotesi che sta trovando largo riscontro nella comunità scientifica prende in considerazione un suo coinvolgimento nella regolazione dei geni coinvolti nei processi metabolici e nella regolazione dell’appetito (8). Anche il fattore di crescita insulino-dipendente, IGF-1, è una proteina codificata dal gene IGF-1-12q23.2 svolge un ruolo centrale nei processi anabolici dell’apparato osteoarticolare e muscolare. La sua azione è resa possibile grazie all’espressione del gene IGF-1R, codificato dal gene IGF1R-15q26.3, capace di legarsi alla proteina ed innescare la serie di secondi messaggeri cellulari. Mutazioni a carico di entrambi questi geni sembrano essere responsabili di ritardi nello sviluppo muscolare ed osteoarticolare (9).
Il gene CYP1A2 codifica per un citocromo epatico ossia l’enzima CYP1A2 responsabile della metabolizzazione del 95% della caffeina assunta e, mutazioni a suo carico, come emerso da molteplici studi, sono in grado di rallentare o accelerare il metabolismo di questo nutraceutico, tanto da poter classificare i portatori di queste mutazioni puntiformi in “metabolizzatori lenti” e “metabolizzatori veloci”. I primi hanno una aumentata probabilità di eliminare lentamente ovvero di accumulare la caffeina ed i suoi metaboliti con rischio di infarto del miocardio, ipertensione e possibilità di sviluppare la sindrome metabolica, a differenza dei secondi che eliminano velocemente la caffeina ed i suoi metaboliti riducendo notevolmente la probabilità di eventi avversi a carico del sistema cardiocircolatorio (10). Il gene ADORA2, codificante per il recettore A2 dell’adenosina, è coinvolto nel meccanismo di regolazione dell’apporto di ossigeno ai miocardiociti ed aumenta, per vasodilatazione, la circolazione coronarica; inoltre è espresso anche a livello del sistema nervoso centrale dove regola il rilascio di dopamina e glutammato, influenzando notevolmente la segnalazione dopaminergica e di conseguenza la motivazione personale (11).
Il gene MTHFR codifica per la metilen-tetraidrofoloato reduttasi, enzima in grado di convertire l’omocisteina in metionina. Esistono due particolari mutazioni puntiformi, la MTHFRC677T, codificante l’enzima mutato la cui attività è ridotta del 50% rispetto al gene wild, e la mutazione MTHFRA1298C che codifica per un enzima che conserva il 60% della sua attività, rispetto al gene wild (12). L’omeostasi del ferro è un processo che coinvolge differenti proteine ed enzimi ed in particolare il gene HFE, codifica per la produzione della epcidina ed è responsabile del controllo dei livelli circolanti di ferro (13); il gene TMPRSS6, codificante per la matriptasi-2 appartenente alla categorie delle transferrine e prodotta nel fegato, modula i livelli di epciclidina inibendo la sua attività (14); Il gene TF codifica per la transferrina, una glicoproteina di trasporto del ferro che si lega agli ioni del metallo rendendolo disponibile nel torrente ematico (15). Il gene FUT2 è coinvolto nell’espressione di un trasportatore della vitamina B12, assorbita a livello gastrico grazie al fattore intrinseco, ed una sua mutazione, la FUT2rs602662, influenza i livelli sierici della B12 tanto che il genotipo GG e quello GA presentano un aumentato rischio di bassi livelli sierici di B12 e quindi incorrono nel rischio aumentato di sviluppare anemia megaloblastica non macrocitaria (16).
Il recettore α attivato dal proliferatore del perossisoma (PPARα) è un fattore di trascrizione che regola l’omeostasi dei lipidi, del glucosio e dell’energia e controlla il peso corporeo e l’infiammazione vascolare (17) ed è espresso a livelli elevati nei tessuti che metabolizzano gli acidi grassi, in particolare fegato, muscolo scheletrico e cuore mentre il livello di espressione di PPARα è più alto nelle cellule muscolari di tipo I (contrazione lenta) rispetto alle cellule muscolari di tipo II (contrazione rapida). Invece il recettore δ attivato dal proliferatore del perossisoma (PPARδ) è un fattore di trascrizione coinvolto nella regolazione dei geni implicati nell’ossidazione degli acidi grassi, nel metabolismo del colesterolo e nella termogenesi (18).  Il coattivatore 1α del recettore attivato dal proliferatore del perossisoma (PPARγ) (PGC1α, codificato da PPARGC1A), un coattivatore trascrizionale della famiglia PPAR, è coinvolto nella biogenesi mitocondriale, ossidazione degli acidi grassi, utilizzo del glucosio, termogenesi. (19); il coattivatore PPARγ-1β (PGC1β, codificato da PPARGC1B; posizione: 5q32) è espresso prevalentemente nel cuore, nel muscolo scheletrico, nel tessuto adiposo bruno e nel cervello (20).
Il gene SLC2A4 codifica per la proteina GLUT-4, trasportatore del glucosio a livello delle cellule muscolari, svolgendo di fatto un ruolo cruciale nell’omeostasi glucidica (21). Il gene TSHR codifica per il recettore di membrana TSHR in grado di legarsi alla tireostimolina o ormone tireostimolante per garantire lo sviluppo degli ormoni tiroidei e quindi successivamente influenzare lo sviluppo dell’apparato osteo-articolare, muscolare e contribuire al corretto equilibrio dell’omeostasi della temperatura corporea e dei pathway metabolici di anabolismo e catabolismo. (22).
I geni SLC1 ed SLC2 codificano per due importanti proteine trasportatrici le SVCT1 ed SVCT2 che sono responsabili del trasporto dei livelli sierici della vitamina C (23). Le SOD sono una classe di catalasi, nello specifico sono delle superossido dismutasi metallo dipendenti capaci di neutralizzare i ROS, le specie radicaliche reattive ottenute dall’utilizzo dell’ossigeno come accettore finale nella catena respiratoria cellulare. Esistono poche mutazioni puntiformi che hanno un notevole impatto clinico e sono la SOD1rs2234694 e a SOD2rs4880. (24)
In ultima analisi, il metabolismo della vitamina D è importante, soprattutto per il suo contributo nell’assorbimento del calcio e quindi per uno sviluppo ottimale delle ossa, e sono stati individuati tre geni coinvolti in questi processi fisiologici: il CYP2R1, codificante una citocromo capace di metabolizzare la vitamina D a livello epatico e renale (25), il gene VDR, espresso nelle cellule muscolari e codificante il recettore VDR capace di riconoscere i metaboliti attivi della vitamina D e legarsi (26), ed il gene GC codificante una proteina globulare di trasporto (27) in grado di regolare i livelli sierici di calcio.

Impatto delle mutazioni SNP di alcuni geni sulle prestazioni sportive

Dall’analisi di alcune varianti genetiche analizzate e studiate su gruppi e sottogruppi di popolazioni di sportivi presenti in letteratura è possibile riassumere alcuni degli effetti che tali mutazioni esercitano sui genotipi sportivi che le esprimono.
La relazione tra mutazioni del gene CYP1A2 e caffeina è stata ampiamente studiata, anche da Guest e colleghi  che hanno realizzato uno studio su un gruppo di ciclisti maschi che hanno assunto dosaggi a concentrazione crescente di caffeina (da 0 mg/kg, 2 mg/kg fino a 4 mg/kg) dimostrando come ci sia stato un miglioramento in percentuale del tempo di pedalata nei ciclisti che hanno assunto un dosaggio moderato di caffeina, coerentemente con gli studi presenti in letteratura; inoltre sussiste una correlazione statisticamente significativa tra l’influenza della caffeina ed il genotipo dei ciclisti tanto da evidenziare, per il genotipo AA ( metabolizzatore veloce per la mutazione di CYP1A2), un incremento percentuale della prestazione superiore a quello riscontrato negli atleti senza mutazione, assumendo 4 mg/kg di caffeina (28). Ancora, Puente e colleghi, in uno studio condotto su un gruppo di giocatori professionisti di basket, hanno valutato come l’assunzione di caffeina potesse migliorare la capacità di scatto; gli individui con genotipo AA hanno realizzato un numero statisticamente superiore di scatti e salti rispetto al controllo (29). In merito all’influenza della caffeina sul gene ADORA2, Loy e colleghi (30) hanno condotto uno studio a doppio cieco su un gruppo di dodici cicliste per dimostrare l’effetto dell’assunzione di caffeina sul tempo di gara, riscontrando come le portatrici della mutazione ADORA2rsT5751876T (genotipo TT) hanno realizzato la prova in tempi ridotti rispetto al controllo, anche se una ciclista con genotipo CT ha raggiunto gli stessi obiettivi. Secondo gli autori sono richiesti ulteriori indagini per spiegare come questa mutazione sia influenzata dalla caffeina e quali genotipi siano più sensibili alla sua azione.
Le prestazioni sportive sono influenzate da adeguati livelli sierici di ferro, folati e vitamina B12 tanto che ogni condizione che induce uno squilibrio di queste vie biochimiche può compromettere anche le prestazioni sportive dell’atleta. La condizione più comune è l’anemia sideropenica, presente con maggiore incidenza nella popolazione femminile, causata da ridotti livelli sierici di ferro; inoltre possono verificarsi anche anemia megaloblastica macrocitaria indotta da carenza di folati e l’anemia perniciosa indotta da carenza di B12. La mutazione puntiforme del gene MTHFR, nota come MTHFRC677T(rs1801133), è associata a bassi livelli sierici di folati e Solis e colleghi (31) prima e Dinc e colleghi (32) successivamente, hanno dimostrato come gli atleti con la mutazione presentano livelli di omocisteina nettamente superiori, rispetto ai gruppi di controllo, specialmente se i folati assunti con la dieta non soddisfano le RDA giornaliere. Mettler e colleghi (33) hanno realizzato uno studio su un gruppo di maratoneti cercando di spiegare come, nonostante l’integrazione di ferro sia necessaria per evitare carenza nutrizionali e scongiurare una potenziale anemia, un eccessivo consumo di questi prodotti possa provocare una situazione di  eccesso che influenza negativamente la prestazione poiché, come dimostrato da Allen e colleghi, un accumulo di ferro (specialmente negli atleti con mutazione HFE affetti da emocromatosi, patologia caratterizzata da accumulo eccessivo di ferro nell’organismo) può aumentare il rischio di stress ossidativo muscolare con formazione di radicali liberi ed alterazione della prestazione sportiva (34). Infine Hazra e colleghi (35) hanno dimostrato come il genotipo AA della mutazione FUT2, esponga gli individui ad avere una maggiore concentrazione sierica di vitamina B12 rispetto al genotipo AG e questo si traduce in un vantaggio selettivo per gli atleti anche se tale affermazione richiede ulteriori approfondimenti.
I recettori per la proliferazione dei perossisomi, noti con l’acronimo PPAR, sono una classe di recettori intracellulari che sono attivati da elevate concentrazioni ematiche di lipidi circolanti e sono coinvolti nel metabolismo, immagazzinamento e/o nella movimentazione dei grassi stessi verso organelli intracellulari ovvero implicati anche nella loro eliminazione. Jamshidi e colleghi (36) hanno riscontrato, in un gruppo di maschi sani sottoposti ad attività fisica intensa, un aumento della massa del ventricolo sinistro del cuore, giustificato dalla presenza di mutazione del gene PPARαrsG4253778C; infatti gli individui omozigoti avevano aumentato di tre volte la massa ventricolare rispetto ad un aumento del doppio per gli individui omozigoti CC, confrontati entrambi con un gruppo di controllo di soggetti maschi sani. Ahmetov e colleghi hanno riscontrato una condizione identica in un gruppo di 491 atleti russi, con genotipo GG, sottoposti a lavori di grande resistenza (37) mentre Maciejewsca e colleghi in 55 vogatori polacchi (38), sempre con genotipo GG. Questi studi evienziano come questa mutazione induca un maggiore sviluppo di fibra muscolare di tipo I nel genotipo GG rispetto al genotipo GC. In merito alla mutazione del gene PPAR-δ esistono diversi studi, discordanti tra loro: sebbene in letteratura sono presenti lavori che dimostrano una relazione esistente tra mutazione del gene ed aumentato assorbimento di glucosio a carico del muscolo, Enyon e colleghi (39) hanno riscontrato che questo effetto sull’assorbimento muscolare del glucosio sia correlato alla combinazione di due mutazioni, una a carico del gene PPAR-δ (con genotipo CC) e l’altra a carico del gene PPAR1α; tanto che Hautala e colleghi, studiando un gruppo di 264 atleti di etnia africana, hanno ipotizzato che la mutazione PPAR-δ, genotipo CC, effettivamente non migliora le prestazioni di resistenza (40).
Anche per gli effetti delle mutazioni del gene PPARGC1-α sulle prestazioni sportive ci sono studi contrastanti: Stefan e colleghi (41), in un gruppo di atleti con il gene mutato, sottoposti ad allenamento aerobico per un periodo di nove mesi hanno riscontrato un miglioramento della performance di resistenza negli atleti, confermato anche da Lucia e colleghi (42), in un gruppo di 104 atleti spagnoli, mentre He e colleghi, in un gruppo di 235 atleti cinesi, non ha riscontrato gli stessi effetti della mutazione (43), così come Maruszack e colleghi in un gruppo di 213 atleti polacchi (44). Anche in questo caso sono richiesti studi ed indagini successive. Le mutazioni a carico di PPARGC1β, invece,  sono in grado di influenzare le prestazioni fisiche dei portatori perché, nel genotipo GC della mutazione rs7732671, è stato riscontrato un aumento dell’assorbimento del glucosio a livello muscolare, evidenziato un uno studio su pazienti diabetici condotto da Ling e colleghi (45) e riscontrato anche in uno studio condotto da Wolfarth e colleghi condotto su 316 atleti agonisti di resistenza confrontati con un gruppo di controllo di pazienti con diabete mellito (46).
La GLUT4 è il principale trasportatore di glucosio a livello muscolare ed è stato riscontrato un aumento dei livelli di SLC2A4 in atleti maschi rispetto ad un gruppo di controllo di maschi non in allenamento; Xia e colleghi (47) hanno riscontrato, analizzando un gruppo di 102 maratoneti cinesi, un’aumentata espressione del trasportatore in individui presentanti la mutazione puntiforme SLC2A4rs5418 genotipo GA. Il gene FTO è coinvolto nella gestione e regolazione dell’accumulo di massa grassa tanto che diversi studi hanno cercato di comprendere il coinvolgimento di alcune sue mutazioni nei processi di accumulo di grasso viscerale. Infatti Zang e colleghi (48) hanno condotto uno studio multicentrico di 2 anni, il POUND LOST Trial, riscontrando come il consumo di una dieta ricca di proteine era associato ad una massa grassa significativamente inferiore, nel gruppo con genotipo AA per la mutazione rs1558902, rispetto al genotipo AT ed al gruppo di controllo. In merito a questa mutazione, gli atleti portatori del genotipo AA traggono maggiore beneficio nel consumo di una dieta a percentuale proteica pari al 25%, come descritto anche da Beck e colleghi (49) riscontrando come la maggiore quantità di massa magra sia un fattore vantaggioso per le prestazioni negli sport di potenza e di forza, rispetto ad atleti che non possiedono questa mutazione. In merito alla questione delle mutazioni a carico del gene mTOR è stato realizzato lo studio multicentrico randomizzato e controllato “DiOgenes” con lo scopo di approfondire l’eventuale correlazione tra dieta e geni nei pazienti obesi tanto che nella meta analisi condotta da Astrup e colleghi è emerso come l’impatto quali/quantitativo dell’apporto proteico introdotto in 5 piani alimentari differenti ha permesso un miglior controllo dell’indice glicemico ed una riduzione ponderale della massa grassa (50). La regione regolatrice del gene per IGF-1 è labile ossia suscettibile a notevoli mutazioni puntiformi tanto che Kostek (51) e colleghi hanno riscontrato un’associazione tra la ripetizione di microsatelliti in questa regione ed i livelli ematici di IGF-1 più elevati, rispetto al controllo, con un aumento della massa muscolare nel gruppo delle atlete israeliane rispetto al gruppo di confronto; inoltra Ben-Zaken e colleghi (52) hanno suggerito, secondo le informazioni raccolte nel loro studio, come il raro genotipo TT rappresenti un vantaggio negli atleti sottoposti a lavori di notevole resistenza.
L’importanza dell’adeguata presenza di vitamine e minerali è garantita da vari trasportatori espressi dai rispettivi geni. L’analisi dei polimorfismi sul gene SOD è complessa ed articolata in quanto esistono molteplici mutazioni a carico di questa famiglia di geni, tutte responsabili di una minore capacità dell’organismo di contrastare i radicali liberi e lo stress ossidativo, eventi lesivi per la struttura muscolare se protratti nel tempo. Infatti Beckett e colleghi (53), così come Flekac e colleghi (54), suggeriscono per gli atleti portatori di queste mutazioni di integrare con zinco, rame e manganese per cercare di contenere il danno eccessivo prodotto dallo stress ossidativo.
Mutazioni puntiformi a carico del gene CYP2R1 determinano 4 genotipi che predispongono l’individuo ad una minore concentrazione sierica di vitamina D, in particolare il genotipo GG (rs10741657) ed il genotipo GC (rs2882679) riscontrati nello studio di coorte denominato SUNLIGHT su una coorte di 30000 partecipanti (55). Il gene VDR, analizzato da differenti gruppi di ricerca, ha riscontrato come la mutazione a carico del genotipo FokI, omozigote per TT, sembra essere la responsabile di una diminuzione della forza muscolare per ridotta captazione della vitamina D, come riscontrato in un gruppo di calciatori brasiliani da Diogenes e colleghi (56). Infine il calcio assunto con la dieta non è utilizzato allo stesso modo da tutti gli individui, affermazione che trova fondamento nella presenza di mutazioni sul gene GC; infatti Fang e colleghi (57) hanno individuato due mutazioni SNP (la GCrs7041 e la GCrs45888) ed è stata valutato l’incremento di fratture ossee ed assunzione di calcio con la dieta tanto da riscontrare che i genotipi omozigoti per le mutazioni riscontrate, a parità di calcio assunto, avevano un incremento di probabilità del 42% di frattura rispetto al controllo, suggerendo come le RDA, in un prossimo futuro, possano essere calibrate alla luce di queste scoperte. Un caso particolare è quello dei geni dei trasportatori sierici della vitamina C, SVCT1 e SVCT2, codificati da SLC23A1 ed SLA23A2, che nonostante presentano mutazioni puntiformi non esistono prove, come suggerito da Cahill e colleghi (58), che suggeriscano una differente assunzione della vitamina in pazienti con il genotipo mutato. Per il gene TSHR Ahmetov e colleghi (59) hanno dimostrato che il genotipo CTrs7144481 predispone il portatore ad una migliorata capacità aerobica, come riscontrato nel gruppo di atleti maschi rispetto ad un gruppo di controllo di maschi, e confermato anche in un studio condotto su due gruppi di atleti, uno russo ed uno europeo, dove la frequenza del genotipo CT era maggiore negli atleti di resistenza professionisti, rispetto ai rispettivi gruppi di controllo.
Concludendo, Fedotovska e colleghi (60) hanno riscontrato, in un gruppo di atleti di resistenza, una relazione tra la ridotta espressione del trasportatore MCT1 ed un accumulo di lattato a livello muscolare, con conseguente prolungamento dell’acidosi muscolare. Questa condizione, secondo gli studiosi, si manifesta negli individui omozigoti per il genotipo TTrs1049434, come confermato anche da Sabatini e colleghi (61) che suggeriscono l’utilizzo di soluzioni di bicarbonato per ridurre la concentrazione di protoni e migliorare le prestazioni di resistenza.

Epigenetica e nutrigenomica sportiva: focus sull’azione di differenti nutraceutici sulle prestazioni sportive

L’epigenetica studia è l’insieme delle modificazioni reversibili a carico della struttura del DNA che influenzano l’espressione di determinate proteine ma senza mutare in modo irreversibile il patrimonio genetico della cellula (62), rappresentando la base molecolare di partenza per comprendere come realmente i fattori nutrizionali possano influenzare anche le prestazioni fisiche (63). Relativamente alla nutrigenomica sportiva, l’approccio epigenetico promette di comprendere la relazione tra i nutrienti e risposte fisiologiche quali la riduzione del danno infiammatorio a carico dei muscoli, favorendo un rapido recupero muscolare ovvero stimolando il funzionamento del sistema antiossidante endogeno (64). Molteplici sono gli esempi trattati in letteratura come si evince per la vitamina C che viene studiata da tempo per cercare di comprendere i suoi effetti in quanto i risultati ottenuti dai molteplici studi non sono in accordo tra loro. Uno dei parametri discriminanti gli studi è la dose assunta: dosaggi pari o superiori a 200 mg al giorno garantiscono uno stato di quasi totale saturazione dei sistemi di trasporto plasmatici ed anche cellulari. Al contrario, dosaggi giornalieri superiori ad 1 g possono esercitare un effetto pro-ossidante, inducendo generazione di radicali ROS con azione diretta sui fattori di trascrizione che precedono l’attività mitocondriale tanto da limitare la sintesi del citocromo C, SOD e GPx. Braakuis e colleghi (65), in uno studio su un gruppo di 23 donne che praticavano la corsa, ha riscontrato come l’assunzione di 1 g al giorno sia in fase di allenamento che di gara era correlato ad un aumentata sensazione di fatica e dolore muscolare mentre Gomez e colleghi (66) hanno evidenziato come la somministrazione dello stesso quantitativo, in un gruppo di maschi sedentari ai quali era stato proposto un allenamento aerobico di 8 settimane, una marcata riduzione della VO2max.
Il resveratrolo, antiossidante della classe dei flavoniodi, esercita il suo effetto intervenendo nell’omeostasi del glucosio, riducendo i livelli sierici di acido urico, oltre ad esercitare, in uno studio condotto da Goncalves e colleghi (67) su un gruppo di atleti professionisti di triatlon, un notevole miglioramento della funzionalità del microcircolo capillare rispetto ad un gruppo di controllo. Sun e colleghi hanno dimostrato come l’azione del resveratrolo, combinata con l’esercizio fisico, possa indurre una riduzione della massa grassa, fenomeno ipotizzato dall’azione dell’antiossidante capace di ridurre la biogenesi mitocondriale. Uno degli aspetti più interessanti è la capacità del resveratrolo di modulare positivamente la sensibilità insulinica, parametro fondamentale per l’atleta ed in particolare per i body builder tanto che Liu e colleghi (68) hanno riscontrato, in una meta analisi condotta su 11 studi in doppio cieco randomizzati controllati, come questo antiossidante sia realmente capace di migliorare la sensibilità insulinica e la concentrazione di zuccheri circolanti. La quercitina, altro flavonoide di interesse per la sua azione antiossidante, ha una particolare azione antinfiammatoria, dimostrata in vitro su colture cellulari, ma ancora da chiarire in vivo. Davis e colleghi (69) hanno somministrato 500 mg di quercitina in combinazione con 250 mg di vitamina C, ad un gruppo di giovani atleti, per 8 settimane ed hanno rilevato una riduzione dello stress ossidativo post attività; ancora, Nieman e colleghi (70) hanno somministrato alti dosaggi di sola quercitina (1g/giorno per un periodo di 3 settimane) ad un gruppo di maratoneti prima di una gara di 60 km riscontrando nessuna variazione degli indici di infiammazione e di stress ossidativo. Infine, in una meta analisi condotta da Kressler e colleghi (71) è stato dimostrato come gli effetti della quercitina sulla resistenza allo sforzo e la VO2 massima, in un gruppo di atleti di resistenza confrontando con il gruppo di controllo, che sebbene gli effetti siano minimi risulta una correlazione statisticamente significativa tra i parametri studiati e l’azione dell’antiossidante.
L’acido α-lipoico, cofattore di molteplici processi enzimatici, agisce, secondo evidenze scientifiche, come co-modulatore del trasporto muscolare di glucosio oltre a contribuire all’omeostasi glucidica e lipidica, oltre a svolgere azione antiossidante giustificata dalla capacità di svolgere questo ruolo sia nella forma ossidata che nella sua forma ridotta poiché capace di fungere da agente sequestrante i metalli, elementi che contribuiscono a realizzare il processo di catalisi originante i radicali. Zembron-Lacny e colleghi (72) sono riusciti a confermare queste evidenze somministrando 1200 mg al giorno, per 10 giorni precedenti alla gara, ad un gruppo di atleti rispetto al controllo, e riscontrando una riduzione della concentrazione delle citochine pro-infiammatorie. Isenmann e colleghi (73) hanno somministrato, ad un gruppo di atleti professionisti in sport di resistenza rispetto ad un gruppo di controllo, l’acido α-lipoico riscontrando come l’integrazione con questo nutraceutico realizzata in periodi di allenamento intenso possa ridurre il danno muscolare, lo stato infiammatorio conseguente e migliorare il recupero; purtroppo, secondo gli autori, questo effetto a lungo termine necessita di essere opportunamente chiarito. In ultimo, ma non di importanza, la curcumina, fitocomplesso ad azione antinfiammatoria ed antiossidante, ha dimostrato di essere capace di prevenire la perdita di massa muscolare per attivazione del fattore NF-kB (74). Delacroix e colleghi (75) hanno condotto uno studio su un gruppo di sportivi sottoposti ad allenamento intensivo ed hanno valutato, rispetto ad un gruppo di controllo, la capacità di recupero muscolare; infatti la supplementazione di curcumina con piperina era somministrata a 48 ore prima dell’attività fisica e 48 ore dopo ottenendo dei risultati che confermano, nel breve termine e per sforzi di media intensità, un minor danno muscolare ed un miglior recupero nel gruppo studio rispetto al gruppo di controllo. McFarlin e colleghi (76) hanno realizzato uno studio condotto su un gruppo di persone che praticano poco sport rispetto ad un gruppo di sportivi amatoriali, entrambi confrontati con un gruppo di controllo, per cercare di comprendere se la curcumina potesse ridurre i DOMS nei soggetti che non praticano sport; i dati ottenuti sono stati una riduzione dei valori della creatin-chinasi (-48%), del TNF-α (-25%) e dell’IL-8 (-21%) nel gruppo dei sedentari rispetto al controllo, giustificando un impiego di questo fitocomplesso in individui che, a causa dei DOMS, tendono a trascurare completamente il proseguimento dell’attività fisica.

Conclusioni

La Nutrigenomica sportiva si occupa di comprendere la risposta indotta da un nutriente sul genoma dell’atleta: questa interazione richiede una conoscenza della genetica dell’individuo perché mutazioni a carico di determinati geni influenzano la risposta adattativa dello sportivo incidendo sulla sua performance. Questa interazione, studiata mediante opportuni test genetici e tecniche analitiche, è parte integrante di altri fattori sinergici e, talvolta antagonisti, quali stile di vita, condizione psico-emotiva e salubrità dell’ambiente rientrando nella serie di fattori studiati dall’epigenetica, disciplina che ha l’obiettivo di comprendere come questi fattori condizionano reversibilmente l’espressione di alcune proteine.
Pertanto comprendere questi eventi significa gettare le basi per una nuova metodologia d’intervento che muove verso una precisa direzione: personalizzare l’intervento nutrizionale e di integrazione per l’atleta, con l’obiettivo di migliorare notevolmente le prestazioni sportive.

Bibliografia

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Vito De Bellis

FarmacistaDiplomato SANIS Emilia 2020-2021

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Il Journal di Sanis pubblica articoli scientifici sulla nutrizione e sull’integrazione nello sport: trattazioni da letteratura e lavori originali di esperti in nutrizione sportiva.

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